mercoledì 6 marzo 2013

La sera, in alcuni posti.

La sera in alcuni posti sembra di essere altrove, credi e speri che sia solo un'eccezione, quelle sere in quei posti ti accorgi che l'eccezione è che tu ti sia trovato una sera in quei posti, ma quei posti di sera sono sempre così, e tanti altri posti la sera sono così, e tanti altri ancora lo sono anche di giorno.

Ci sono, ho il mio spazio, con intersezione non vuota con gli spazi di altri, ma quest'operazione  fra insiemi non mi è mai dispiaciuta.
Sale un uomo anziano, con un cappello blue in testa e un cappotto rosso lucente, la ragazza seduta si alza per farlo sedere, si accomoda con difficoltà e occupa il posto. China il capo, poi inarca le spalle, e si lascia dondolare dal movimento sussultorio delle ruote sull'asfalto. La sua presenza si fa più prepotente, nonostante non si muova da li, il suo odore comincia a espandersi nell'aria, e non c'è modo di non respirarlo, te lo senti ovunque, come un bagno chimico dopo il concerto del primo maggio, quasi ti aggredisce.
L'aria si riempie di quel tanfo, così ingombrante da spingere le persone a spostarsi, come se occupasse tutto lo spazio intorno, quasi a creare una zona fra quell'uomo e il resto del mondo, una zona inaccessibile, un confine invalicabile.

L'autobus inizia a svuotarsi, si libera un posto qualche metro più in la, mi siedo, ma non riesco a rilassarmi, resto in equilibrio stando attenta a non toccare lo schienale del sedile, ne altro intorno a me.
Tre ragazzi salgono e si dividono, uno nel posto davanti a me gli altri due un po' più in la. Lei non riesce a tenere gli occhi aperti, ne a restare sveglia, lui le parla tentando di non farla collassare, di tanto in tanto le fa qualche verso e lei alza di scatto la testa e apre leggermente gli occhi per poi tornare ad accasciarsi vertiginosamente. Il terzo ragazzo, di fronte a me, gli chiede qualcosa, ma non parlano... sillabano.
Dalla voragine sul lobo dell'orecchio di uno, ormai deformato da un orecchino enorme, vedo la faccia di un marocchino che torna dopo una giornata di lavoro, che li osserva stupefatto, agitando l'indice della mano destra sulla tuta da lavoro sporca e bagnata dalla pioggia.

Tutto intorno a me c'è l'autobus, di quelli lunghi, sembra quasi un treno che trasporta il bestiame. Tutto intorno c'è un mondo, che puzza, che è stanco, che si brucia il cervello, che non ha obiettivi ne mete, che è disperato, che stenti a pensare sia il tuo.

La sera, in alcuni posti, osservi e ti sale il vomito in gola, quella sera, in quei posti, credi che tutto intorno a te c'è chi merita qualcosa di meglio.

1 commento:

  1. Pensa che da noi in chiesa la domenica viene sempre una signora anziana che fa il vuoto intorno a lei come il signore col cappotto rosso. E' la vita intorno a noi. E' la vita di ognuno di noi.
    Pensieri forti. Raccontati bene. Ciao Ivana. :-*

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