lunedì 2 settembre 2013

Abitare per poi mancare.

E ci saranno i momenti a mancare, e ci saranno i profumi e le abitudini.
Mancherà quel mobile su cui riponi le tre chiavi appena entri in casa, lo stesso che ha visto tutti quei mazzi di chiavi che tempestivamente hai perso, seminando un po' di questi anni per questa città.
Mancherà la tenda da sistemare ogni inizio buona stagione, da ricucine con lo spago, da incollare col nastro adesivo.
Mancheranno i pavimenti bianchi di cucina e bagno a ricordarti quante scarpe ogni giorno attraversano casa tua, quanti ciao giornalieri ti trovi a pronunciare.
Magari troverai un altro letto su cui sprofondare appena rientri a casa imprecando contro questa città, e magari troverai anche un'altra città contro cui imprecare.
E perderai l'abitudine agli odori che riempiono il tuo terrazzo all'ora di cena, e non avrai necessità di spostarti in piena notte sul terrazzo scoprendo il resto delle tue coinquiline accampate lassù a lottare contro il caldo.
E non temerai più le minacce dei vicini psicopatici e i tentativi di scippo davanti al cancello di casa.
Mancherà il mini albero di Natale con le mini luci fatto appositamente per essere più basso della montagna di cianfrusaglie da mettere sotto, le stesse cianfrusaglie che hanno reso più familiare quella città.
E ti mancherà aspettare per ore un 309 che passerà insieme ad altre 2 309!

...e mancherà...

Mettere radici implica tanti mancherà.
Ma nonostante ogni città è diversa da casa, nonostante ogni città è così estranea, alla fine diventa casa.
Ogni casa mancherà
E più case ti fai più mancanze senti...
Allora spesso mi dico, fermati o se scegli di andare resta come in villeggiatura, ma non abitare.

giovedì 9 maggio 2013

proiezioni.

Proiezioni, distanze da abbreviare, luoghi da esplorare, sponde sul quale attraccare...
Ti senti già in nave.

Necessità inspiegabile di nuovo, di lontano, di diverso.

...e navigare e innamorarsi 

'e tutte l'isole mai truvate 


'e tutte e mmusiche mai sentute 

e tutte ddonne scunusciute 

e naufragare cu chist'ammore 

per una sponda sud da scoprire ancora ...

E polmoni che chiedono aria e terra, popoli e mani.
Rubare con gli occhi il mondo.
Ho lasciato spazio per tutto.

Intanto i piedi nudi si inumidiscono di brina verde per farsi sentire e le mani si tingono di polvere per distinguere unghie, linee, polsi.

  [ sfocatamente me. ]

mercoledì 6 marzo 2013

La sera, in alcuni posti.

La sera in alcuni posti sembra di essere altrove, credi e speri che sia solo un'eccezione, quelle sere in quei posti ti accorgi che l'eccezione è che tu ti sia trovato una sera in quei posti, ma quei posti di sera sono sempre così, e tanti altri posti la sera sono così, e tanti altri ancora lo sono anche di giorno.

Ci sono, ho il mio spazio, con intersezione non vuota con gli spazi di altri, ma quest'operazione  fra insiemi non mi è mai dispiaciuta.
Sale un uomo anziano, con un cappello blue in testa e un cappotto rosso lucente, la ragazza seduta si alza per farlo sedere, si accomoda con difficoltà e occupa il posto. China il capo, poi inarca le spalle, e si lascia dondolare dal movimento sussultorio delle ruote sull'asfalto. La sua presenza si fa più prepotente, nonostante non si muova da li, il suo odore comincia a espandersi nell'aria, e non c'è modo di non respirarlo, te lo senti ovunque, come un bagno chimico dopo il concerto del primo maggio, quasi ti aggredisce.
L'aria si riempie di quel tanfo, così ingombrante da spingere le persone a spostarsi, come se occupasse tutto lo spazio intorno, quasi a creare una zona fra quell'uomo e il resto del mondo, una zona inaccessibile, un confine invalicabile.

L'autobus inizia a svuotarsi, si libera un posto qualche metro più in la, mi siedo, ma non riesco a rilassarmi, resto in equilibrio stando attenta a non toccare lo schienale del sedile, ne altro intorno a me.
Tre ragazzi salgono e si dividono, uno nel posto davanti a me gli altri due un po' più in la. Lei non riesce a tenere gli occhi aperti, ne a restare sveglia, lui le parla tentando di non farla collassare, di tanto in tanto le fa qualche verso e lei alza di scatto la testa e apre leggermente gli occhi per poi tornare ad accasciarsi vertiginosamente. Il terzo ragazzo, di fronte a me, gli chiede qualcosa, ma non parlano... sillabano.
Dalla voragine sul lobo dell'orecchio di uno, ormai deformato da un orecchino enorme, vedo la faccia di un marocchino che torna dopo una giornata di lavoro, che li osserva stupefatto, agitando l'indice della mano destra sulla tuta da lavoro sporca e bagnata dalla pioggia.

Tutto intorno a me c'è l'autobus, di quelli lunghi, sembra quasi un treno che trasporta il bestiame. Tutto intorno c'è un mondo, che puzza, che è stanco, che si brucia il cervello, che non ha obiettivi ne mete, che è disperato, che stenti a pensare sia il tuo.

La sera, in alcuni posti, osservi e ti sale il vomito in gola, quella sera, in quei posti, credi che tutto intorno a te c'è chi merita qualcosa di meglio.

lunedì 28 gennaio 2013

aritmico

Ritmo regolare, sistematico, periodico.
Ritmo incalzante, variabile, simmetrico.

La strada col suo ritmo contorto,
il vento col suo ritmo lento,
lo stormo col suo ritmo geometrico,
la formica col suo ritmo frenetico,
il cielo col suo ritmo assordante.

Pensavo che la mia vita seguisse un ritmo,
poi ho pensato che la mia vita avesse un ritmo,
ho creduto in seguito di aver perso il mio ritmo,
per poi convincermi di aver trovato un ritmo,
proponendomi di dettarmi un ritmo nuovo.

Così ho osservato le vite ritmiche 
le ho scrutate, studiate, ascoltate,
per quanto belle e spesso coinvolgenti,
non mi bastano, si esauriscono.

La mia vita è aritmica.
La mia vita mi confonde.