giovedì 14 agosto 2014

Una vita da vivere non mi basta, ma è troppa da conservare intatta.

Mi sdraio sul letto che ha incoraggiato le preghiere della sera quando ancora riponevo le mie speranze in qualcosa di ultraterreno, il letto che ha sopportato il peso di pensieri e ansie da adolescente, che ha condiviso notti ad aspettare sms e a scriverne tanti, con quel cuscino deformato dal mio cambiare continuamente posizione nelle notti prima degli esami...
Sono su quel letto che ha sentito le forme del mio corpo cambiare, il mio crescere lentamente, lo stesso letto che forse si è accorto per primo o forse è stato l'unico a percepire l'attimo in cui, senza preavviso, sono diventata una donna.
Si forse c'è stato un attimo preciso in cui lo sono diventata, o un attimo preciso in cui me ne sono accorta.
Da qui la prospettiva mi regala uno scorcio per alcune linee molto offuscato, un panorama dilatato nel tempo, mi capita un po' di saltare fra serate, fra attimi di vita, fra volti... Gli oggetti li ho lasciati su quegli scaffali, l'ordine è intatto, non ho cambiato nulla, non ho archiviato niente, non ho lasciato spazio agli anni che mi hanno vista altrove.
Mi domando se questa staticità nel panorama, che da anni, da questa posizione è sempre uguale, denota una voglia di non dimenticare, la paura di archiviare, insieme agli oggetti, i volti, i suoni e le voci che mi hanno resa quella che sono.
Poi, come sempre, mi alleno a ricordare, a figurare, a riprodurre.
Assaporo il sale sulle labbra da 15enne dopo una giornata in spiaggia, con la sveglia che suonava alle 7, l'autobus che passava alle 8, i panini da fare, gli ombrelloni, tanti ombrelloni da portare, con il corpo che crocca e si colora di rosso.
Mi viene da ridere al pensiero di quei giorni li, fra sole, mare, vicoli di paese, giornate fra campagne, carne alla brace, birre e prime sbornie. Poi ci sono i giorni interminabili di studio per le interrogazioni, e i gruppi a casa prima dei compiti di matematica, e gli esami che si avvicinano e noi ci rassicuriamo girando senza meta in macchine con autisti novelli. Ci sono i pranzi da organizzare, ogni momento da godere, quella sensazione di vivere nel momento più bello della tua vita. Quella sensazione di volerlo tutto, senza sconti, con le preoccupazioni, le paure, con il tuo "non essere pronta!". Poi ripensi a quella casa nel centro storico che vi ha visto dipingere, vi ha visto scrivere le mura, con pavimento instabile, con le nostre iniziali sulle scale, e la lampada a gas per lavare i piatti, e i fornelli incrostati dalle cene del sabato sera.
C'è che la tua vita, per quanto uguale a tutte le altre vite forse, per quanto banale, ti sembra la più bella.
C'è che i film che ti emozionano sono tanti, ma non puoi immedesimarti, perchè io la vita di un altro non la voglio. Perchè non voglio le emozioni di come sarebbe se fosse diverso, perchè vorrei solo mantenermi stretta le emozioni di com'è stato.
Che poi quegli anni li, che restano così indefiniti in me, quegli anni, vorrei che qualcuno li raccogliesse in un film tutto per me. Perchè la sensazione di dimenticare i volti, la sensazione di sotterrarli sotto le quotidiane preoccupazioni mi spaventa.
Una vita da vivere non mi basta, ma è troppa da conservare intatta. La scatola dei ricordi si riempie, e le nuove immagini sono prepotenti.
C'è quella schiena scoperta sullo scooter su via Cristoforo Colombo, c'è quella signora con in mano il bambino, ci sono le aquile nella terra delle aquile, ci sono le dita e le mani che mi hanno stretta, ci sono le corde della chitarra, e ci sono le clave in aria e le gote rosse, ci sono gli striscioni, c'è quel bambino in quella palestra, c'è troppo.... Ma la memoria non mi aiuta.


Una vita da vivere non mi basta, ma è troppa da conservare intatta.